Risultati della sostituzione delle botteghe artigiane con le fabbriche mondiali
La bottega artigiana è sempre stata la culla di ogni tipo di arte. Presenti in molte città di tutto il mondo fino a pochi decenni fa, ospitavano all’interno l’artigiano con i suoi allievi. L’artigiano era colui che con sapienza ed esperienza modellava e creava oggetti di uso quotidiano oppure oggetti più costosi (come quadri o sculture) dedicati a coloro che potevano permettersi di abbellire con essi le proprie dimore; gli artigiani erano dunque maestri che facevano delle loro botteghe vere scuole indottrinando i propri allievi e scegliendo tra essi il migliore che sarebbe divenuto di seguito il nuovo maestro artigiano di quella bottega (che poteva ritenersi libero di abbandonarla dopo averne appreso l’arte senza divenire maestro, come successe con il fondatore della fabbrica di ceramiche di Capodimonte, il quale fu allievo di un’altra nota fabbrica: Cacciapuoti); sin dai più antichi, cioè dall’anno 1200 d.C. ca, antichi maestri hanno appreso ed insegnato in alcune botteghe, come Michelangelo Buonarroti o da Caravaggio, Spinello Aretino, Giotto, Raffaello, Rubens e botteghe come quella del Verrocchio o dello Squarcione.
Con l’avvento delle fabbriche e la nascita di strumenti totalmente, o quasi meccanizzati, quindi autonomi, l’attenzione che prima veniva posta sul significato di un lavoro prettamente preciso, attento e quasi mirato al raggiungimento di perfezione di ogni singolo oggetto/opera d’arte in uscita da una bottega, ineluttabilmente si deve porre su di una produzione su scala ingrandita, talvolta mondiale.
La fabbrica si rende utilissima se non necessaria per la produzione di oggetti di uso comune per una popolazione sempre crescente alla quale poche e semplici botteghe artigiane non possono tener testa. La differenza sostanziale che inesorabilmente divide e diversifica un oggetto di bottega da uno di fabbrica è il motivo per cui viene prodotto: se vogliamo che l’oggetto sia utile alla vita quotidiana ma con il solo obbiettivo di ricavare da esso un utilità pratica e basata sul ricavo materiale di aiuto e facilitazione del percorso quotidiano, allora compreremo un qualsiasi oggetto prodotto in fabbrica che ogni giorno utilizziamo senza che esso apporti la firma di nessun artigiano (o di qualche allievo) o che da esso venga fatto.
Ma se vogliamo un oggetto che possa essere utile solo perché bello, qualcosa di assolutamente inestricabile nella sua vera utilità, cioè quella di essere bello, come un quadro o una scultura “(…) o come tutto ciò che l’uomo non ha potuto stornare e pervertire al suo servizio (…)” (Gautier) come un fiore o la natura stessa, non creato quindi né da macchinari né dall’uomo ma solo dall’intelletto, la passione, l’arte, la sapienza di un uomo, allora dobbiamo affidarci ad un oggetto artigianale.
Ad oggi le cosiddette “botteghe” sono degli scantinati dove uomini o donne portano avanti antiche arti o usanze del loro territorio, oppure ci sono botteghe divenute fabbriche di oggetti di notevole pregio artistico. Sostanzialmente niente è inutile, all’uomo occorre l’utilità di qualsiasi oggetto e forse, soprattutto, da ciò che spesso viene reputato inutile. Peccato che questo non venga più ricordato da alcuno e quindi, siamo costretti ad essere felici ed orgogliosi di ciò che crediamo utile ma che in realtà non possiede alcun valore, adesso e nel tempo, e che non rappresenti la libera espressione ed interpretazione dell’arte di qualche artista maestro artigiano.
Jacopo Lapi 5BEN